Cultura a portata di click

domenica 23 giugno 2013

Raccontare ci aiuta a capire...

 La solidarietà umana

Mi sono spesso chiesta se essere solidali con gli altri ci costi poi tanta fatica. La risposta che più volte mi sono data, alla luce delle mie esperienze, è sì! Perché? Perché ognuno vive nel proprio microcosmo dorato e non vede oltre (condizione comoda!). Cosa vuoi che gli importi se l'altro soffre, sta male, non ha casa ... peggio per lui! Avrebbe dovuto pensarci prima, magari impegnandosi di più sarebbe riuscito anche lui a costruirsi qualcosa di sicuro per il proprio futuro!  
Eh, no! Le cose non stanno così! La verità è che stiamo vivendo un momento storico in cui tutti i valori, da quelli più elementari, ci sono sfuggiti di mano, o forse, li abbiamo volutamente dimenticati, se non addirittura rimossi.
Ho trovato un racconto Zen (la saggezza orientale è grande maestra!) che non a caso ha lo stesso titolo dell'articolo ... proviamo a leggerlo insieme. Vi assicuro che troveremo una morale che ci farà di sicuro riflettere e chissà, magari, cambiare atteggiamento verso gli altri. Ne abbiamo tutti bisogno! 

***
   
Un tempo il mondo era popolato dagli Egoisti e dagli Altruisti, ma essendo mescolati era difficile separare gli uni dagli altri.
I primi furbi e intraprendenti, sfruttavano la bontà dei secondi a loro vantaggio senza mai ricambiare, tuttavia, sostenendo che erano altrettanto indispensabili nella società.
Gli Altruisti, a loro volta, non sopportavano più la situazione che si era creata e volevano ribellarsi. Così si trincerarono nella loro protesta e decisero di non fare favori più a nessuno, almeno sino a quando il mondo non si fosse liberato dagli Egoisti.
Fu allora che entrambi consultarono un saggio eremita che non era né Altruista, né Egoista, ma Autosufficiente, e che trascorreva gran parte del suo tempo a meditare. Costui chiese agli Altruisti di indossare una camicia bianca e agli Egoisti una camicia blu, proponendo a ciascuno di sottoporsi a una prova di sopravvivenza.
I due gruppi accettarono di buon grado, ciascuno offrendo una rappresentanza di otto persone, che furono condotte dal vecchio saggio in un grande monastero e piazzate in due grandi stanze diverse, ciascuna con un lungo tavolo che divideva la stanza in due, largo due metri e più.
Il vecchio saggio chiese poi a tutti di disporsi su due file lungo ciascun tavolo, l'uno di fronte all'altro, gli altruisti in camicia bianca nella sala est e gli egoisti in camicia blu nella sala ovest.
Sarebbero rimasti rinchiusi per un massimo di cinque giorni, il limite di sopravvivenza umana.
 
Il primo giorno il vecchio portò il rancio - che consisteva in una ciotola di fagioli - sia alla tavola degli Egoisti, sia alla tavola degli Altruisti. 
Ogni ciotola fu avvitata al tavolo e chiusa con un lucchetto, del quale solo il saggio aveva la chiave.
Ogni persona fu legata con una corda al collo, che scendeva diagonalmente dall'angolo della parete posteriore con il soffitto. Anche i polsi furono legati alla stessa corda, all'altezza del collo, così da limitarne i movimenti: ognuno poteva alzarsi, indietreggiare di un metro, fino alla parete, ma non poteva avanzare oltre il bordo antistante la tavola, né poteva avvicinare la bocca alla ciotola.
Le mani si fermavano vicino la ciotola e non potevano andare né avanti, né verso il basso: insomma era impossibile mangiare con le mani o con la bocca dentro la ciotola.

sabato 22 giugno 2013

Di questi tempi è necessario...

                                         Il pensiero positivo


Ci è stato insegnato a considerare noi stessi come dei contenitori vuoti, che hanno bisogno di essere gradatamente riempiti. A questo pensano la religione, l'educazione e i tanti condizionamenti che riceviamo in continuazione dalla società e, in generale, dall'ambiente che ci circonda. "Non far questo perché è peccato". "Non dire quello perché non sta bene". "Non fare quell'altro perché è sconveniente".

Quante proibizioni riceviamo fin dall'infanzia! E quante ingiunzioni a fare invece tante altre cose, soltanto perché la morale comune, la moda, l'etichetta, gli usi e costumi richiedono quel determinato comportamento. Siamo come ingabbiati, imprigionati in una rete di "fare" e "non fare", "dire" e "non dire", perfino "pensare" e "non pensare".

Questa rete è stata costruita da altri esseri umani che si sono arrogati il diritto di decidere, stabilire certe norme e sono stati poi così in gamba da farsi ubbidire un po' da tutti. Così sono nate le consuetudini di vita comune, sia a livello fisico che psicologico e perfino spirituale. Siamo in prigione e ci siamo ormai abituati così bene al nostro stato di prigionieri che non pensiamo neppure alla possibilità di essere liberi padroni di noi stessi e delle nostre scelte.

(Tratto da "Il Pensiero Positivo" -- di Anthony De Mello)

***
Proviamo, allora, a liberarci da queste imposizioni che gli altri ci regalano e ricominciamo tutto daccapo ... basta volerlo!

Paola Chirico
Trainer Formazione HR

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