Cultura a portata di click

martedì 3 settembre 2013

Diecimila passi ... anche di meno per stare meglio!


Diecimila passi, diecimila pensieri che attraversano la mente, diecimila immagini che scorrono come fotografie davanti gli occhi e diecimila buoni motivi per abbandonare il comodo divano dedicando un'ora del proprio tempo alla salute e alla forma fisica.

Come? Con il "walking"...
Il "walking" è uno sport semplice, praticabile da tutte/i, in qualsiasi stagione, a qualunque età. È faticoso, ma non estenuante. È un'attività autonoma e gratuita.
Anche i pigri e sedentari fanno 5 mila passi senza nemmeno accorgersene, ma bisogna compiere un piccolo sforzo e aggiungerne almeno 2 mila se si vogliono ottenere dei risultati di una certa entità.

Studi recenti hanno identificato nella camminata costante o "walking" a 4 km all'ora, cioé quella che normalmente si ha quando si porta il cane a passeggio, la perfetta andatura che brucia la maggiore percentuale di calorie. Ciò significa che, mentre in attività sportive ad alta intensità di sforzo il nostro organismo utilizza le riserve di carboidrati, in quelle a bassa intensità vengono sfruttate le fonti energiche dei depositi adiposi. Paradossalmente, con il "walking" si consumano più grassi rispetto a sport più "faticosi".

Oltre ai benefici per la linea, la camminata previene e, in molti casi, risolve problemi metabolici, cardiovascolari, posturali, pressori. Allontana il rischio di osteoporosi, di diabete, di ictus e di infarto. Infatti, se le ossa non vengono messe sotto sforzo, perdono compattezza e diventano più fragili; il cuore, senza esercizio, non accresce la propria massa e potenza, e l'apparato venoso tende a perdere elasticità, provocando un peggioramento per la pesantezza e il gonfiore delle caviglie e per la comparsa di varici.

Un' influenza positiva la si ottiene anche a livello metabolico, con la riduzione di calorie e l'aumento della percentuale nel sangue del "colesterolo buono" e a livello del sistema simpatico come l'abbassamento di pressione e del battito cardiaco, allontanando così il disturbo dell'ipertensione arteriosa.

 
Quindi, camminare, camminare ...!
 
Vanno, però, seguite delle semplici regole per massimizzare i benefici:
 
1. Imparare la giusta tecnica: ruotare il bacino ad ogni passo, appoggiare a terra prima il tallone e poi la pianta, tenere il busto dritto, spalle e collo rilassati, braccia con gomiti a 90° e mani a pugno chiuse. Importante avere un respiro regolare.
2. Camminare almeno tre volte alla settimana, alternando i giorni.
3. Preferire le prime ore del mattino e la sera.
4. Evitare un'eccessiva sudorazione, coprendosi troppo.
5. Utilizzare scarpe comode.
 
E allora perché non sfruttiamo il più possibile la camminata per stare bene e ritrovare la forma in modo semplice e senza sacrifici?
Paola Chirico
Trainer Formazione HR
 

sabato 3 agosto 2013

Riflessioni. Perchè questo? Perchè io? Perchè adesso?


Chi di noi non si è trovato in tempi difficili a cercare una risposta a queste domande?
Ci interroghiamo.  Interroghiamo la vita. Ci scagliamo contro Dio. Assaliamo qualunque persona mostri di ascoltarci con comprensione... perché?.
 
E le risposte che riceviamo, dei vaghi, generici palliativi, che non riescono a lenire la nostra frustrazione e il nostro dolore, suonano vuote, impersonali, se non addirittura assurde.
Risposte come:
" Il tempo guarisce ogni cosa"; " Adesso sei disperato/a, ma poi ti sentirai meglio"; "E' il volere di Dio e non sta a noi metterlo in discussione"; "E' il destino ( ma chissà quale maledetto destino?!); " Sono cose che accadono..." e se ne potrebbero elencare tante altre, ma non servirebbero.
 
Il peggiore consiglio, poi, che ci potrebbero dare quando siamo sopraffatti/e dalle difficoltà  e che suona  veramente stonato  e fuori luogo è ... "Cerca di non pensarci troppo... continuare a pensare logora la vita".
 
Parole offerteci da amici benefattori, benintenzionati dinanzi alla nostra sofferenza, che non placano, però, il senso di naufragio che proviamo a causa di qualcosa  che è andato veramente storto.
 
Rimuginiamo sui dettagli dolorosi della nostra vita sino a quando non scopriamo (ma da soli!) che tutto sommato il tempo guarisce davvero molte ferite, anche se la sofferenza e la pena hanno lasciato una traccia indelebile nei nostri cuori.
 
Paola Chirico
Trainer Formazione HR

sabato 27 luglio 2013

L'intimità è un luogo segreto dell'anima



L’intimità è un luogo segreto dell’anima con una piccola porta che non apriamo quasi mai a nessuno.
Lì nascondiamo i bisogni più intensi, la responsabilità delle nostre scelte macchiate dai veri dolori e tutto ciò che ci ha reso davvero così.
Se non ti è stato permesso di aprire quella porta non prenderti mai diritti che non hai sulle persone perché delle persone sai molto meno di quel che pensi. Solo varcando quella porta le conoscerai davvero. E non la puoi forzare, si apre da sé ed è molto lenta ad aprirsi, potrai spazientirti e decidere di andare. Però sarà il regalo più grande che potrai ricevere, perché al suo interno c’è la più profonda e chiara rivelazione di cosa sia l’amore.
Massimo Bisotti
 
 
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Chi è Massimo Bisotti?  Massimo nasce e vive a Roma, ha studiato Lettere, suona il pianoforte ed è un appassionato di psicologia. Di sé dice di aver iniziato a scrivere perché le sue parole rimarginassero le ferite e si chiudessero in cicatrici. Mettersi a nudo è un rischio, ma vale la pena rischiare. Fondersi senza confondersi è alla base di ogni rapporto che funzioni. Utilizzare ogni dolore vissuto per gli altri e non come un pass contro gli altri. Spendersi senza riserve e donare quel che si può. Quindi donare quel che si è : "Viaggia pure attraverso le strade dell’anima ma senza andare Controcuore. Avere contro il tuo cuore è devastante molto più che aver contro il cuore degli altri".  
Per questo apprezzo molto Massimo Bisotti, ma soprattutto perché riesce con la sua prosa a scardinare gli angoli più riposti delle nostre anime.
 
Paola Chirico
Trainer Formazione HR 

venerdì 26 luglio 2013

Perchè la Luna piena fa dormire male

 

No, non si tratta di astrologia. Uno studio su Current Biology afferma che le fasi lunari influenzano gli ormoni del sonno e la durata della fase profonda

  

Perché la Luna piena (forse) fa dormire male


 

Se di tanto in tanto vi capita di dormire male, di svegliarvi per esempio ancora assonnati, poco riposati o di far fatica a prender sonno, date uno sguardo al calendario, o ancor prima al cielo: se c'è la Luna piena potreste aver trovato il colpevole dei vostri fastidi. Uno studio pubblicato su Current Biology suggerisce infatti che i cicli lunari influenzino la fisiologia del sonno, modificando l' attività cerebrale e i livelli di ormoni nel sangue.

A scoprire il legame tra Luna e qualità del sonno è stato il team di ricercatori guidati da Christian Cajochen della University of Basel. Punto di partenza dello studio è stata l'osservazione che alcune specie marine mostrano ritmi endogeni con periodicità circalunare, ma che, a dispetto di detti e credenze popolari, non ci sono prove consistenti a sostegno dello stesso tipo di legame tra cicli lunari e fisiologia o comportamento della specie umana.

Nel tentativo di studiare più a fondo la questione, gli scienziati hanno analizzato il sonno di una trentina di persone cercando eventuali correlazioni con le fasi lunari. Per farlo hanno quindi registrato i pattern di attività cerebrali, il movimento degli occhi e le secrezioni ormonali di tutti i partecipanti, registrando anche le loro impressioni.
I risultati hanno mostrato come in concomitanza con la Luna piena la qualità del sonno registrata, oggettiva e soggettiva, diminuisse. In particolare l' attività cerebrale connessa al sonno profondo diminuiva del 30%, le persone impiegavano più tempo ad addormentarsi (cinque minuti) e dormivano mediamente meno che in altre fasi del ciclo lunare (una ventina di minuti).
Non solo: anche i livelli di melatonina, l'ormone che regola il ciclo sonno-veglia, era più basso durante la luna piena (4 picogrammi per millilitro di sangue nei volontari seguiti durante la Luna piena contro gli 8,2 picogrammi per ml di sangue nelle persone monitorate durante la Luna nuova), e raggiungeva il suo picco massimo mediamente più tardi, racconta il NewScientist. Anche le stesse persone inoltre riferivano di aver riposato peggio durante le fasi di Luna piena.

I risultati, concludono i ricercatori, suggeriscono quindi che anche la specie umana non sia immune agli effetti dei cicli lunari, anche se non è pienamente cosciente e ne rimane al riparo. Forse un retaggio, questo del ciclo circalunare, di un lontano passato, in cui le attività e i comportamenti umani avrebbero potuto essere influenzati dai cicli lunari

http://daily.wired.it/news/scienza/2013/07/26/dormi-male-colpa-luna-piena-sonno-ormoni-474721.html

Paola Chirico
Trainer Formazione HR

domenica 21 luglio 2013

Un grande torto


Un articolo che ho letto poco fa per caso e che ha destato in me qualche perplessità e una domanda ... se esistesse l'immortalità saremmo davvero più felici?  Personalmente penso di no! E voi?
 Vi invito alla lettura del testo perché possiate trarne le vostre personali conclusioni e magari condividerle, se vi va!
******
"Un solo grande torto facesti a noi, quando chiudesti per sempre gli occhi tuoi. Questa frase, letta su una lapide tombale, esprime con efficacia l’amabilità della persona defunta, ma contiene un grande paradosso. La morte diventa una colpa e si pretenderebbe l’immortalità..."

Di tutti i limiti fisici che oggi l’uomo pretende di ignorare e superare, con conseguenze disastrose, sicuramente quello della morte è, per varie ragioni, tra i più stridenti. Eppure che cosa fare poi dell’immortalità....

Il seguito dell'articolo potete leggerlo cliccando in basso ...

Un grande torto

Paola Chirico
Trainer Formazione HR

domenica 23 giugno 2013

Raccontare ci aiuta a capire...

 La solidarietà umana

Mi sono spesso chiesta se essere solidali con gli altri ci costi poi tanta fatica. La risposta che più volte mi sono data, alla luce delle mie esperienze, è sì! Perché? Perché ognuno vive nel proprio microcosmo dorato e non vede oltre (condizione comoda!). Cosa vuoi che gli importi se l'altro soffre, sta male, non ha casa ... peggio per lui! Avrebbe dovuto pensarci prima, magari impegnandosi di più sarebbe riuscito anche lui a costruirsi qualcosa di sicuro per il proprio futuro!  
Eh, no! Le cose non stanno così! La verità è che stiamo vivendo un momento storico in cui tutti i valori, da quelli più elementari, ci sono sfuggiti di mano, o forse, li abbiamo volutamente dimenticati, se non addirittura rimossi.
Ho trovato un racconto Zen (la saggezza orientale è grande maestra!) che non a caso ha lo stesso titolo dell'articolo ... proviamo a leggerlo insieme. Vi assicuro che troveremo una morale che ci farà di sicuro riflettere e chissà, magari, cambiare atteggiamento verso gli altri. Ne abbiamo tutti bisogno! 

***
   
Un tempo il mondo era popolato dagli Egoisti e dagli Altruisti, ma essendo mescolati era difficile separare gli uni dagli altri.
I primi furbi e intraprendenti, sfruttavano la bontà dei secondi a loro vantaggio senza mai ricambiare, tuttavia, sostenendo che erano altrettanto indispensabili nella società.
Gli Altruisti, a loro volta, non sopportavano più la situazione che si era creata e volevano ribellarsi. Così si trincerarono nella loro protesta e decisero di non fare favori più a nessuno, almeno sino a quando il mondo non si fosse liberato dagli Egoisti.
Fu allora che entrambi consultarono un saggio eremita che non era né Altruista, né Egoista, ma Autosufficiente, e che trascorreva gran parte del suo tempo a meditare. Costui chiese agli Altruisti di indossare una camicia bianca e agli Egoisti una camicia blu, proponendo a ciascuno di sottoporsi a una prova di sopravvivenza.
I due gruppi accettarono di buon grado, ciascuno offrendo una rappresentanza di otto persone, che furono condotte dal vecchio saggio in un grande monastero e piazzate in due grandi stanze diverse, ciascuna con un lungo tavolo che divideva la stanza in due, largo due metri e più.
Il vecchio saggio chiese poi a tutti di disporsi su due file lungo ciascun tavolo, l'uno di fronte all'altro, gli altruisti in camicia bianca nella sala est e gli egoisti in camicia blu nella sala ovest.
Sarebbero rimasti rinchiusi per un massimo di cinque giorni, il limite di sopravvivenza umana.
 
Il primo giorno il vecchio portò il rancio - che consisteva in una ciotola di fagioli - sia alla tavola degli Egoisti, sia alla tavola degli Altruisti. 
Ogni ciotola fu avvitata al tavolo e chiusa con un lucchetto, del quale solo il saggio aveva la chiave.
Ogni persona fu legata con una corda al collo, che scendeva diagonalmente dall'angolo della parete posteriore con il soffitto. Anche i polsi furono legati alla stessa corda, all'altezza del collo, così da limitarne i movimenti: ognuno poteva alzarsi, indietreggiare di un metro, fino alla parete, ma non poteva avanzare oltre il bordo antistante la tavola, né poteva avvicinare la bocca alla ciotola.
Le mani si fermavano vicino la ciotola e non potevano andare né avanti, né verso il basso: insomma era impossibile mangiare con le mani o con la bocca dentro la ciotola.

sabato 22 giugno 2013

Di questi tempi è necessario...

                                         Il pensiero positivo


Ci è stato insegnato a considerare noi stessi come dei contenitori vuoti, che hanno bisogno di essere gradatamente riempiti. A questo pensano la religione, l'educazione e i tanti condizionamenti che riceviamo in continuazione dalla società e, in generale, dall'ambiente che ci circonda. "Non far questo perché è peccato". "Non dire quello perché non sta bene". "Non fare quell'altro perché è sconveniente".

Quante proibizioni riceviamo fin dall'infanzia! E quante ingiunzioni a fare invece tante altre cose, soltanto perché la morale comune, la moda, l'etichetta, gli usi e costumi richiedono quel determinato comportamento. Siamo come ingabbiati, imprigionati in una rete di "fare" e "non fare", "dire" e "non dire", perfino "pensare" e "non pensare".

Questa rete è stata costruita da altri esseri umani che si sono arrogati il diritto di decidere, stabilire certe norme e sono stati poi così in gamba da farsi ubbidire un po' da tutti. Così sono nate le consuetudini di vita comune, sia a livello fisico che psicologico e perfino spirituale. Siamo in prigione e ci siamo ormai abituati così bene al nostro stato di prigionieri che non pensiamo neppure alla possibilità di essere liberi padroni di noi stessi e delle nostre scelte.

(Tratto da "Il Pensiero Positivo" -- di Anthony De Mello)

***
Proviamo, allora, a liberarci da queste imposizioni che gli altri ci regalano e ricominciamo tutto daccapo ... basta volerlo!

Paola Chirico
Trainer Formazione HR

sabato 25 maggio 2013

SUICIDIO DOMINIQUE VENNER IN FRANCIA

Riporto testualmente l'estratto di una email per un caso di suicidio di cui si è poco parlato anche se in questo periodo di suicidi ricorrenti se ne vedono parecchi  (cari giornalisti da queste vi siete persi uno scoop ed ormai non date neppure le notizie seguite il mercato dell'audience!) 

Considerazioni di un suicidio Politico


IL CASO DEL SUICIDIO DI DOMINIQUE VENNER IN FRANCIA

Martedì 21 maggio, lo scrittore e storico di estrema destra Dominique Venner si è suicidato a Parigi nella chiesa di Notre Dame. Un fatto di cronaca di cui poco si è parlato in Italia, ma
significativo per molte ragioni. Dominique Venner si è tolto la vita come estremo gesto di protesta contro la legge che in Francia permette finalmente il matrimonio e l'adozione di minori da parte di persone dello stesso sesso (in Italia stiamo ancora aspettando). Un suicidio politico, orgogliosamente rivendicato.
Il Venner è sempre stato un teorico della Francia tradizionalista e ultra cattolica, quella legata ai miti dei Galli e alla storia della Vandea. E' stato paracadutista volontario nella guerra d'Algeria e militante dell'Oas, il movimento clandestino che puntava mantenere il potere coloniale di Parigi in Nord Africa. Un revisionista e negazionista dei crimini del nazismo. Un attivista nel denunciare il ruolo determinante di governi, partiti e sindacati, ma anche di padronato e Chiesa, nel favorire con ogni mezzo l'immigrazione afro-magrebina e di conseguenza la caduta progressiva della Francia in mano ai musulmani.
Un reazionario coerente che non ha mai smesso in tutta la sua vita di guardare indietro. Un reazionario con il torcicollo, si potrebbe dire. E infatti, Marine Le Pen, leader del partito fascista francese Front National, si è subito affrettata a parlare di un atto degno del massimo rispetto, “destinato a risvegliare le coscienze”. Ma “risvegliare le coscienze” perché, e a quale scopo? La finalità del gesto non è indifferente se si vuole dare un giudizio di merito sulla vicenda.
Il suicidio politico non è un fenomeno nuovo. Solo alcuni esempi fra tutti. Durante la guerra del Vietnam molti monaci buddisti si immolarono con il fuoco per - appunto - risvegliare le coscienze, cioè per far capire ai vietnamiti loro connazionali la necessità di lottare anche a costo della vita contro l'occupante Usa. E proprio negli stessi anni, nel 1969, lo studente cecoslovacco Jan Palach si toglieva la vita a Praga per protestare contro l'occupazione sovietica del suo paese. E poi nel 2011 il giovane tunisino Mohamed Buazizi si dava fuoco in segno di protesta per le condizioni economiche del suo paese e contro la dittatura di Ben Ali.
In tutti questi casi suicidio politico per nobili motivi. E, per venire ai nostri giorni, molti casi di suicidio per colpa della crisi possono essere considerati unicamente come provocati dalla disperazione per la perdita del lavoro, o della casa o dell'azienda? Molte volte è anche presente - e preponderante - il dato della protesta contro le istituzioni e la società viste come indifferenti e lontane, o addirittura come nemiche.
Non tutti i casi di suicidio politico hanno però nobili motivi, e la morte del Venner ce lo dice. Sono da condannare se considero questo suicidio, viste le motivazioni del gesto e la storia del suo autore, come suicidio per motivi abietti? Con questo non sono affatto contento di questa morte, come non sono contento della morte di qualunque essere umano. Mi limito a pensare che se ci fossero meno Dominique Venner in circolazione, il mondo sarebbe un po' migliore.


E forse se qualche giornale italiano ne avesse parlato avrebbe fatto anche più cultura.
Bruno Carchedi

Alfredo M.
LifeHealing&Professional Coach

venerdì 24 maggio 2013

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