Neologismi e tormentoni della nostra lingua
La nostra lingua è viva Perché si modifica con l'utilizzo: alcune parole cadono in disuso, mentre altre vengono create e ne rinnovano il linguaggio... Il Devoto Oli contiene 500 nuove parole rispetto al precedente, lo Zingarelli addirittura 1200.
Su Facebook, dove è possibile trovare gruppi in difesa di tantissime cose, non manca quello per "l'autarchia linguistica", che propone, ad esempio, "mescita" per bar e "bevanda arlecchina" per cocktail.
Ma i neologismi sono difficili da abolire, anche perché la creazione della lingua è anarchica, le parole si autogenerano e si diffondono in modo incontrollabile, sino a diventare termini ufficiali quando entrano nelle pagine dei vocabolari.
L'esigenza di trovare una nuova parola può nascere dalla necessità di denominare nuovi oggetti e nuove operazioni, per dare nuova espressività a un testo o anche solo per essere originali, ma la creazione in sé non garantisce poi il successo nell'uso, che è la condizione indispensabile per la sua affermazione.
La formazione di una parola nuova può avvenire attraverso la composizione di elementi lessicali preesistenti (con prefissi o suffissi, come in antipirateria), mediante il cambiamento di categoria lessicale (participi presenti sostantivizzati: utente, mordente), per spostamento di significato di una parola che già esiste (navigare nel linguaggio informatico), per prestito da un'altra lingua.
Se un tempo erano i gerghi e i dialetti a suggerire parole nuove (si pensi a "smandrappato", introdotto da Pasolini nel 1959, e mutuato dal romanesco), ora i nuovi laboratori linguistici sono i quotidiani (ed ecco l'introduzione di parole come "maxiemendamento", "quote rosa", "eurocommissario"), la tivù ( reality, tronista, velina, lampadato) e poi la pubblicità (i vari comodoso, risparmioso, morbidoso), il marketing, l'informatica, Internet e gli strumenti utilizzati online (i blog e i social network), senza dimenticare gli uffici, luoghi in cui i molti contatti e gli aggiornamenti continui generano un flusso di parole che si diffonde con la rapidità delle email.
Molte nuove parole che nascono in questi ambienti sono prestiti da altre lingue, in particolare una delle ultime tendenze è prendere un verbo inglese e, per evitare la fatica di tradurlo, "italianizzarlo" con l'aggiunta di una semplice desinenza verbale (da notare che per la formazione di verbi è attiva solo la prima coniugazione -are). I nuovi termini sono molti, alcuni entrati a pieno titolo nel linguaggio corrente (li usiamo ormai senza rendercene conto), altri sinceramente fastidiosi.